Dalle ville ai terreni edificabili, dagli appartamenti agli ex fabbricati industriali, dai negozi agli alberghi. E’ un patrimonio immobiliare ricco e variegato quello che possiede il Veneto grazie alle confische effettuate soprattutto nei confronti della criminalità organizzata (ma non solo) a partire dagli anni ’80. Eppure, gran parte di questi beni è ancora del tutto inutilizzata e rischia di deteriorarsi con il tempo, facendo fallire il principale scopo del sequestro, la restituzione di tali beni alla comunità per finalità sociali.

Secondo i dati elaborati utilizzando più fonti, in primis il portale dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), i beni immobili confiscati in Veneto sono 460.
Di questi, però, solo uno su cinque è stato assegnato a enti locali o statali, ministeri o forze dell’ordine. Gli altri devono ancora essere destinati.

Guardando i numeri, si scopre un patrimonio immobiliare stimabile in molti milioni di euro. Come detto, i beni confiscati ammontano a 460 ma solo 92 sono di fatto utilizzati con varie finalità, gli altri devono essere ancora assegnati. Fra i beni destinati in Veneto, 56 sono stati affidati ai Comuni, 5 a Ministeri, 3 alla Polizia, 2 ai Carabinieri, 3 alla Guardia di Finanza e 23 ad amministrazioni statali.

Questo ricco patrimonio immobiliare potrebbe trovare in gran parte un utilizzo concreto. I beni non ancora assegnati dovrebbero essere destinati in particolare ad associazioni e a realtà del volontariato.
Ciò non accade in quanto è necessario un maggiore investimento nella gestione e nella valorizzazione dei beni. I Comuni, in particolare i piccoli Comuni dovrebbero essere supportati nell’azione di riutilizzo dei beni, sia sotto il profilo economico-finanziario, sia sotto l’aspetto manageriale. In tal senso i fondi del Pnrr possono rappresentare una formidabile opportunità. Già in occasione del decreto Rilancio del 2020 avevo presentato un emendamento per estendere ai beni confiscati alla criminalità organizzata i benefici previsti dal Superbonus al 110%, sul quale si registrò scarsa attenzione da parte del Mef.

Purtroppo, le questioni legate al possibile impiego dei beni confiscati sono tante. Non ultimi i problemi burocratici e uno scarso coordinamento con l’ANBSC, oltre all’impossibilità di utilizzare alcuni beni per le sue specifiche caratteristiche, pensiamo ad esempio ai box auto.  Teniamo presente inoltre che spesso il quadro è molto confuso, è capitato che ci siano sindaci che non sapevano neppure di avere nel proprio territorio beni confiscati.

La provincia con il maggior numero di beni sequestrati è Vicenza (129), seguita da Venezia (128), Verona (90), Padova (78), Treviso (17), Belluno (10) e Rovigo (8).

Nel Veronese si trova la più alta quota di immobili assegnati, 40, e quindi restituiti alla comunità, principale scopo della cosiddetta legge Rognoni-La Torre del 1982 che introdusse il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso nel codice penale, prevedendo come efficacissima misura di prevenzione e contrasto alle mafie proprio la confisca e il sequestro dei beni di proprietà delle organizzazioni criminali.

Nella nostra regione il patrimonio immobiliare confiscato è composto soprattutto da appartamenti in condomini (156) e da box auto (122). Ma ci sono anche ville (4), terreni agricoli (33), terreni edificabili (4), fabbricati industriali (5) e un albergo, tutti beni dall’elevato valore economico.

Nel Veneziano, oltre alla villa a Campolongo Maggiore, con piscina e campo da tennis, che apparteneva all’ex capo della Mafia del Brenta Felice Maniero, sono numerosi i beni confiscati. L’elenco comprende ovviamente anche gli immobili sequestrati alcuni anni fa alla mafia cinese, riconducibili in particolare al boss Keke Pan.

Nella provincia di Belluno il bene immobile confiscato e simbolo del malaffare era addirittura un albergo, l’hotel San Martino, costruito abusivamente sul Nevegal e di proprietà di Enrico Nicoletti, detto “il Secco”, cassiere della Banda della Magliana. Anziché condonarlo e provvedere alla sua ristrutturazione (e poi destinarlo ad uso sociale o commerciale), si è preferito abbatterlo.

Nel Padovano, molti appartamenti, fabbricati e magazzini, sono stati confiscati a Fabrizio Perrozzi. L’uomo è stato condannato dal Tribunale di Padova per un’evasione fiscale miliardaria.

Nel rodigino la confisca più importante è di certo la villa Crocco Valente a Badia Polesine.

Nel Trevigiano, invece, i sequestri più rilevanti riguardano i beni mobili (una Ferrari) e immobili della famiglia sinti Hudorovich.

In provincia di Verona è Erbè il comune in cui si registrano le confische più significative. A Roberto Patuzzo, trafficante di droga affiliato alla ‘ndrangheta, agli inizi degli anni Novanta, furono confiscate la villa (diventata poi sede dell’Ulss 9 Scaligera per ospitare ragazzi con problemi psichici) e un terreno in cui stava per essere edificato un agriturismo e che è diventato la base scout Tartaro-Tione 1.

Nel Vicentino, le confische con il più alto valore economico sono quelle effettuate nei confronti di Antonio Serino, pregiudicato napoletano ma residente a Bassano del Grappa, con condanne per ricettazione e tentata estorsione. Serino è stato oggetto della confisca di beni, acquisiti illecitamente, per un valore complessivo di 1 milione di euro.

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