04/10/2017 –

SAVE IN MANO AI FONDI STRANIERI
I dividendi non andranno al territorio ma alle banche per pagare i debiti.

Sono trascorsi poco più di tre mesi da quando Enrico Marchi è venuto in Consiglio Comunale (14/06/2017) ad evidenziare l’importanza che l’aeroporto di Venezia rimanga sotto il controllo di imprenditori legati al territorio. Oggi scopriamo che Save sarà controllata da due fondi esteri: il fondo francese Leone Infrastructure Srl e il fondo inglese Infrahub, ciascuno con circa il 40% delle azioni. Questo sarà il risultato dell’OPA obbligatoria totalitaria che si concluderà, salvo rinvii, il 13 ottobre.
Save sarà quindi in mano a fondi stranieri. È questo l’interesse della Città Metropolitana? È questo l’interesse del territorio? Oppure questo è solamente l’interesse di Marchi, “mago delle scatole societarie” che ha architettato un meccanismo volto esclusivamente a continuare a gestire Save pur perdendone il controllo?
Caro Sindaco Brugnaro, avallando questa operazione come membro del CDA di Save, pensa di aver fatto l’interesse di Venezia? È questo che intendeva quando ha chiesto scusa a Marchi a nome della città? Vale a dire che si scusava perchè in precedenza la città si era opposta alle operazioni finanziarie spericolate di Marchi?
Se non viene raggiunto il 90% delle adesioni all’OPA è prevista comunque l’uscita dalla Borsa attraverso fusione per incorporazione. Ciò mette i soci con quote minoritarie, in particolare le compagini pubbliche, nella condizione di vendere in quanto è probabile che, dopo il delisting, il titolo subirà un forte deprezzamento e comunque diventerà molto più difficile alienare le azioni. Uscendo dalla Borsa ci sarà meno trasparenza, meno controlli, oggi assicurati da CONSOB.
Questa operazione completamente finanziata dalle Banche, è resa possibile attraverso un’apertura di credito flessibile con Unicredit, Banca Intesa, BNL, per un valore di 580 milioni. Ovvero l’operazione si sostiene interamente con il ricorso al credito e i dividendi serviranno per pagare il debito con le Banche e non per investimenti sul territorio e sull’aeroporto.
Save è una società fortemente indebitata: oltre ai 580 milioni che serviranno per finanziare l’OPA vanno aggiunti impegni per altri 540 milioni volti a realizzare il Master Plan 2016-2021 e i 247 milioni di debiti per la gestione ordinaria della società.
È chiaro che l’uscita dalla Borsa è esclusivamente finalizzata ad evitare scalate in particolare quella di Atlantia dei Benetton, l’incubo di Marchi.
Evitando il delisting la Città Metropolitana avrebbe potuto mantenere le sue azioni, continuando ad incassare i dividendi (l’ultimo relativo al 2017 è stato di 1,8 milioni circa), che ora andranno all’estero. Vendendo le quote la Città Metropolitana incasserà 55 milioni.
Tecnicamente ora sarà la Società Milione ad avere il controllo di Save, composta il 40% da Leone infrastructure Srl, il 40% da Infrahub e il 20% da Marchi.
Non dimentichiamo che Save gestisce l’aeroporto in regime di concessione dello Stato, per cui è chiamato a svolgere in primo luogo l’interesse dei cittadini, non gli interessi privati. La nuova aerostazione è stata realizzata con soldi pubblici che hanno consentito la massima valorizzazione delle azioni dei soci privati.
Purtroppo questo è solo l’ultima tappa della storia di una privatizzazione dai contorni poco trasparenti avvenuti con la “complicità” di quelli che si sono rivelati essere i poteri più opachi del modello veneto che rispondono ai nomi di Galan, Veneto Banca e Popolare di Vicenza.

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