27/08/2015 –

La nascita della Città Metropolitana di Venezia è un’occasione storica per il nostro territorio. Oggi più della metà degli abitanti della Terra risiede in aree urbane, benché queste occupino solo il 2% della superficie terrestre. Le aree urbane sono anche le maggiori produttrici di ricchezza: le prime 25 producono più della metà della ricchezza mondiale. E ancora: le città sono “responsabili” del consumo di tre quarti delle risorse del pianeta. Si potrebbe continuare, ma è sufficiente per capire come le aree urbane siano al centro delle politiche di sviluppo in tutto il mondo. Non a caso anche l’UE sta destinando risorse specifiche alle aree metropolitane, puntando alla costruzione di città inclusive (lavoro e riduzione delle diseguaglianze), sostenibili (economia competitiva a bassa emissione), intelligenti (istruzione, ricerca, innovazione). Una politica supportata anche dal programma di investimenti 2014-2020, a dimostrazione che le sfide, anche in Europa, non sono più tra città, ma tra città-territorio.
Come sempre la politica arriva dopo, quando i processi socio-economici si sono già compiuti. È dal 1990 che Venezia è annoverata tra le Città Metropolitane, eppure solo dopo venticinque anni si muovono i primi passi. Il nuovo ente nasce in ritardo e con molti limiti. Anzitutto per quanto riguarda i confini. In quanto la Città Metropolitana è quella che viviamo quotidianamente e va ben al di la dei confini della Provincia di Venezia, e comprende quantomeno anche le province di Padova e Treviso (PaTreVe), come già certificato dall’OCSE nel 2010. Dobbiamo quindi iniziare subito un processo di allargamento per dare una risposta concreta al governo di una “metropoli”che esiste già nei fatti.
Le cose da fare sono molte per il Consiglio Metropolitano appena eletto.
Bisognerà produrre il massimo sforzo per costruire uno Statuto condiviso, basato su una larga partecipazione, coinvolgendo non solo i Comuni, ma tutte le realtà vive del territorio, categorie economiche, sindacati, corpi intermedi, e soprattutto le molteplici forme in cui si esprime la società civile, a partire dal volontariato e dal mondo delle associazioni. In questo senso lo Statuto dovrà contenere al suo interno strumenti inclusivi che consentano a queste realtà di partecipare attivamente alla vita della Città Metropolitana. Solo così sarà possibile favorire un processo di “consapevolezza” metropolitana e soprattutto radicare stili di vita metropolitani tra i cittadini.
L’elezione diretta del Sindaco Metropolitano, costituisce un nodo fondamentale e rappresenta una scelta obbligata per lo Statuto. Un obiettivo che potrà realisticamente essere raggiunto dopo un periodo di sperimentazione. Ma sarebbe un grave errore dover per questo smembrare Venezia in più Comuni. E’ interesse di tutta la Città Metropolitana mantenere l’unitarietà del Comune, pur riconoscendo forme di autonomia alle varie realtà del territorio comunale. La legge Delrio riserva la possibilità d’introdurre l’elezione diretta del sindaco, senza lo smembramento dei Comuni, solo alle grandi Città Metropolitane, come Milano e Roma. Bisognerà chiedere subito al Parlamento, una modifica della legge, per ottenere il medesimo trattamento per Venezia. Inoltre lo Statuto dovrà essere anche l’occasione per favorire l’Unione tra i Comuni per aree omogenee, in modo da razionalizzare le spese e rendere le diverse aree più forti.
Fatto lo Statuto bisognerà puntare sulla realizzazione del Piano Strategico, che rappresenta la missione principale del Consiglio Metropolitano, uno strumento che per legge andrà aggiornato ogni tre anni e dovrà contenere in sé una visione alta del territorio metropolitano veneziano e nello stesso tempo essere molto operativo per raggiungere risultati concreti nei tempi stabiliti.
Gli impegni che abbiamo di fronte sono stringenti, ma la vera sfida politica che ci aspetta è l’apertura di un confronto con Regione e Governo per arricchire di funzioni e contenuti la Città Metropolitana, che oggi appare come una scatola ancora troppo vuota di competenze e risorse. In questo contesto in particolare la Regione a guida leghista non dovrà ostacolare il processo di formazione della Città Metropolitana, pena l’indebolimento di tutto il territorio veneto.
Si parte dalle funzioni di coordinamento e pianificazione del territorio, che significa anche il governo unitario di un settore decisivo come la mobilità. Ma solamente allargando il campo d’azione ad altri settori strategici a partire dal turismo, si potrà pensare alla costruzione di una Città Metropolitana forte, in grado di competere con le altre aree urbane europee e soprattutto capace di soddisfare le esigenze dei cittadini.
Un obiettivo raggiungibile favorendo anche forme di governance “contrattualistiche” tra soggetti pubblici e privati, volte alla gestione di servizi su scala metropolitana, come in parte già avviene. In quanto la forza di un’area già fortemente integrata non è solo legata alla sua architettura istituzionale, quanto alle funzioni che è in grado di esercitare dotandosi di strumenti efficaci, partendo da un’agenda digitale metropolitana che può rivelarsi basilare in quanto l’economia digitale rappresenta la direttrice su cui costruire un nuovo modello di sviluppo economico. La Città Metropolitana di Venezia ha molte potenzialità purché non sia vista unicamente come un ente di raccordo tra i Comuni. Il più grave errore sarebbe trasformare il Consiglio metropolitano nel luogo dove esercitare un’attività di “sindacalismo di campanile”, al contrario deve diventare un nuovo livello di governo unitario, dove si pratica il gioco di squadra volto a risolvere i problemi dei cittadini.

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