04/11/2019 –
Si aggiunge un altro macigno nell’inchiesta sulla presenza dei Casalesi ad Eraclea. Ho presentato un’interrogazione – QUI – al Ministro degli Interni, Luciana Lamorgese (ex Prefetto di Venezia), che solo la settimana scorsa ha fatto una puntuale audizione in Commissione Antimafia, per chiedere di fare piena luce su quanto emerso dall’inchiesta pubblicata dalla stampa che non farebbe altro che confermare la presenza e il radicamento delle mafie nel litorale veneziano da molto tempo.
È l’ennesima conferma di quanto fosse urgente accendere un faro sulla presenza della criminalità organizzata nel veneziano. Per questo ho insistito a lungo per portare la Commissione Antimafia a Venezia. Una missione che si è svolta nel luglio scorso, mettendo in luce tutte le criticità fin qui emerse.
Bisognerà attendere la conclusione della commissione d’accesso insediata dal Prefetto nel Comune per trarre le conclusioni, ma se l’amministrazione comunale di Eraclea dovesse essere sciolta per mafia sarebbe davvero un fatto storico per la nostra Regione, in quanto si tratterebbe del primo Comune del Veneto caduto a causa di infiltrazioni criminali.
Lo stesso Prefetto recentemente ha denunciato un clima omertoso ad Eraclea, rilevato dalla commissione straordinaria che sta lavorando in Comune e concluderà il suo mandato giovedì prossimo.
Nell’interrogazione chiederò al Ministro degli Interni di chiarire quanto evidenziato dall’inchiesta giornalistica che riguarda l’approvazione del piano del Livenzuola, cioè la costruzione di un palazzo di 11 piani con area commerciale e un villaggio turistico che prevede 52 appartamenti. I casalesi continuano a lavorare ad Eraclea? Il piano del Livenzuola è legato all’inchiesta che nel febbraio scorso ha portato a 47 arresti tra cui il Sindaco di Eraclea Mirco Mestre? Risulta che le imprese legate al clan Donadio continuino a lavorare ad Eraclea? Le forze dell’ordine e la magistratura continuano a monitorare la situazione, come parrebbe dall’inchiesta giornalistica?
Ma ci sono altri elementi sui quali è necessario fare piena luce. Mi riferisco ad esempio agli spunti che riguardano Caorle, che emergono sempre dall’inchiesta del PM Roberto Terzo.
Ciò che traspare dalle notizie che emergono periodicamente è che l’intero territorio veneziano sia al centro degli interessi delle mafie, vista anche l’inchiesta sulla presenza della ‘ndrangheta a Jesolo, che si era impossessata del Golf Club.
Non pensa il Ministro che sia il caso di affondare ulteriormente il bisturi della legalità in una zona che negli ultimi vent’anni ha visto il radicamento delle organizzazioni malavitose, senza un adeguato contrasto da parte delle forze dell’ordine almeno fino al blitz di febbraio scorso?
Il Veneto, prima del blitz di febbraio, messo a segno dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia, sembrava la regione meno interessata dalla presenza di gruppi mafiosi strutturati e radicati, ma in realtà gli insediamenti della camorra nel Veneto Orientale risalgono ai primi anni ‘80 con l’arrivo di Mimmo Celardo a San Donà di Piave, il quale era entrato entra in contatto con Silvano Maritan, il plenipotenziario di Felice Maniero per il territorio, il quale si appoggiava a Celardo per le forniture di cocaina. Dopo Celardo, il cui figlio è stato arrestato nell’ambito dell’inciesta du Eraclea, nei primi anni 90 è arrivato Luciano Donadio. Poi è storia recente. Ovvero il contatto con l’amministraizone comunale di allora, e poi con l’ultima giunta di Mirco Mestre.
Gli approfondimenti compiuti dalla commissione d’accesso, secondo quanto riportato dalla stampa, avrebbero accertato che il piano del Livenzuola sarebbe stato adottato due giorni dopo l’arresto del Sindaco Mestre.
Ma non solo, i commissari strordinari avrebbero accertato la continuità temporale dei condizionamenti camorristici, in quanto il piano venne approvato dall’amministrazione precedente a quella di Mirco Mestre.
L’inchiesta della DDA sul litorale veneziano è l’ennesima prova che nel Veneto le mafie non si manifestano in modo violento, ma sono radicate nella società e hanno trovato terreno fertile anzitutto in quell’area grigia fatta di professionisti, consulenti, imprenditori. Bisogna lavorare per costruire gli anticorpi alla mafia. Nel sud Italia c’è una resistenza antimafia che ha connotazioni molto chiare, mentre al nord non ci sono ancora anticorpi sufficienti per arginare la criminalità organizzata che, come dimostrato dalle ultime indagini, è sempre più forte nella società.