25/10/2020 –

La Commissione Antimafia accende un altro faro sul Veneto.

Dopo la missione dello scorso anno (luglio 2019), sempre su mia iniziativa, è partita un’attività di approfondimento sul radicamento delle mafie nella nostra regione, che si avvale delle esperienze e del lavoro svolto dalla Commissione in questa prima metà di legislatura e dell’attività svolta dai nuovi collaboratori dell’Antimafia – il Presidente e il Direttore del Centro di documentazione ed inchiesta sulla criminalità organizzata del Veneto, Maurizio Dianese e Gianni Belloni -, che nei giorni scorsi sono stati sentiti a San Macuto, aprendo un ciclo di audizioni che, limitazioni dovute al Covid-19 permettendo, proseguirà prossimamente.

Tutte le inchieste sulla criminalità organizzata nate al Sud portano inesorabilmente al Nord. Il quadro offerto dagli auditi evidenzia come camorra, ‘ndrangheta e cosa nostra siano penetrate in modo capillare nella società veneta, trovando un terreno fertile soprattutto in quell’area grigia costituita in gran parte da consulenti finanziari, professionisti, faccendieri e riuscendo in molti casi ad instaurare un rapporto tentacolare anche con la politica. Un’area grigia che spesso è già attiva, perciò le cosche la trovano già pronta per l’uso. Ciò conferma come il Veneto sia una regione dove la criminalità organizzata trova un terreno fertile per insinuarsi nella realtà economica ma più in generale nella società.

Il fenomeno sta diventando quantomai pericoloso in questo momento di grave crisi economica determinata dall’emergenza Covid-19. Basta ricordare il recente grido d’allarme della Guardia di Finanza veneta, secondo cui ci sarebbero già 400 attività a rischio.

Veniamo ad alcuni dei gravi fatti emersi nel corso dell’audizione.

A Eraclea i casalesi si stanno riorganizzando. È in corso il processo al clan Donadio e sono attese le prime sentenze, ma i casalesi stanno già rimpiazzando il boss Luciano Donadio.

Secondo Dianese c’è una persona che sta incontrando uno ad uno i casalesi che non sono stati arrestati, i familiari degli arrestati e in particolare i familiari degli esponenti di spicco del clan che era capeggiato da Luciano Donadio, il capo della banda, arrestato a febbraio del 2019. Sparito dalla circolazione dopo il blitz del 2019 adesso è tornato a farsi vedere ad Eraclea dove lo conoscono se non altro per aver preso contatti, nel corso della campagna elettorale che ha portato all’elezione di Mirco Mestre, con alcuni esponenti politici di Eraclea.

E bisogna ricordare come, secondo la Procura di Venezia, i casalesi abbiano sempre tentato di influenzare la politica locale dal 2006 in poi. Va detto che con tutta probabilità non sono riusciti ad intervenire nell’ultima campagna elettorale che, peraltro, ha portato in Consiglio comunale e in Giunta uomini e donne legati all’ex sindaco Graziano Teso, al quale i casalesi, secondo la Procura, hanno sempre portato voti. Oltre a questo c’è da dire che un esponente delle forze dell’ordine da tempo è in relazione con un importante imprenditore di Caorle – gli fa da autista – che era in rapporti di affari con un sodale di Luciano Donadio. Parrebbe insomma che stiano ricreandosi le condizioni – contatti con la politica e con le forze dell’ordine – perché i casalesi ricostruiscano il loro potere criminale sul Veneto Orientale, come dimostrato da tutte le ultime inchieste, interessando in particolare Caorle e Jesolo.

Gli auditi hanno però sottolineato come permanga una certa difficoltà ad avviare nuove inchieste “autoctone”, ma si lavori per lo più su inchieste promosse dalle DDA del Sud Italia. Ciò dovuto a una carenza di personale in Veneto, ma anche a un deficit culturale. Molto diffuso nelle province venete, in tutte le sue dimensioni che, nei casi estremi, porta a un vero e proprio atteggiamento “negazionista”: La mafia non esiste. Ma sappiamo che non è così. Del resto anche il Procuratore Capo di Catanzaro Nicola Gratteri ha avuto modo di confermare però come i rapporti tra le Procure calabresi e le DDA dell’Italia settentrionale, a partire dal Veneto, siano pressoché quotidiani.

Nel corso delle audizioni è emerso con chiarezza come la presenza mafiosa in Veneto evidenzi forme di equilibrio e di adattamento tra mafiosi e operatori economici.

Sono molteplici i fari accesi dalle Procure sulle mafie in Veneto. Basti ricordare i lavori per i Mondiali di Sci del 2021, con le recenti quattro interdittive emesse dalla Prefettura di Mantova, tra cui una alla Garda srl, che lavorava in uno dei cantieri di Cortina, fornendo manodopera alle aziende.

Le informazioni e gli spunti offerti dall’audizione sono molti, come il caso di Antonio Savio, importante e stimato imprenditore, componente di una famiglia storica di edili del veronese, ha deciso, nel 2013, di investire in un’attività di ristorazione, il Grill Road di Bussolengo, assieme a Francesco Scino, nato in provincia di Cosenza, arrestato per associazione a delinquere di stampo mafioso nell’inchiesta Isola Scaligera, fratello e socio in affari del fratello Michele, alle spalle una condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso. La madre dei fratelli Scino è Caterina Nicoscia, sorella di Pasquale Nicoscia, boss della nota famiglia di ‘ndrangheta. Gli Scino sono residenti a San Bonifacio. Francesco Scino risulta proprietario del 10% delle azioni della società mentre nel consiglio d’amministrazione della Grill Road, insieme ad Antonio Savio, presidente del Cda, troviamo Paolo Zanoni, noto professionista, titolare di uno studio d’architettura a Bussolengo. 

Nicola Pellicani
Deputato PD
Componente Commissione Antimafia

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