Martedì 25 gennaio

Ecco, sono le 17.24 tocca a me. Si entra cinquanta per volta. Fa un certo effetto vedere l’aula semivuota in un momento così solenne. Il clima è decisamente surreale, come del resto tanti momenti di vita in questi anni difficili di pandemia. L’emozione è comunque intatta. L’emozione che deriva dalla consapevolezza di partecipare ad un appuntamento destinato ad incidere nella vita politico-istituzionale dei prossimi anni.

Ma non è solo questo, sono tanti i pensieri in questi giorni. Non posso non ricordare l’elezione di Giorgio Napolitano: la prima, il 10 maggio 2006, quando seguii il discorso d’insediamento alla Camera tra il pubblico. Manco farlo a posta quel giorno salii in ascensore con Mario Draghi, allora Governatore della Banca d’Italia. Eppoi, molti anni fa, grande elettore fu anche mio padre Gianni, credo per l’elezione di Pertini e Scalfaro. Insomma sono diversi i motivi che mi portano a vivere queste giornate con grande intensità.

In aula si resta giusto il tempo di votare, ma l’attività è tutta all’esterno, tra il Transatlantico e il cortile di Montecitorio coperto per l’occasione da una tensostruttura. Sono tutti lì nel pomeriggio i grandi elettori, divisi in tanti capannelli. Tutti rigorosamente mascherati, protetti da Ffp2, che nulla possono fare, però, contro il freddo. Un freddo cane, perché le porte sono spalancate per consentire il giro d’aria. Meglio così. Temperatura polare, ma il Palazzo è in ghingheri, tirato a lucido come richiede la circostanza. In ghingheri anche i grandi elettori. Insomma la macchina va. Ieri però un’altra fumata nera, ovvero abbiamo votato scheda bianca. Salvo colpi di scena sarà così pure oggi. Tutto come previsto, ma da domani, quando saranno sufficienti 505 voti che succederà?

Conosceremo finalmente il nome del nuovo Presidente della Repubblica? Si riuscirà a trovare una sintesi che accontenti tutti?

Mano a mano che passano le ore vi confesso che sale anche la tensione. Ci diciamo tutti: bisogna fare presto e bene. Una parola. Lo ripetiamo continuamente, nei capannelli, a tavola, la mattina sfogliando la rassegna stampa. Eppure il quadro è ancora molto confuso. Direi che ieri è stata forse la giornata più complicata. Nei giorni scorsi, sotto sotto, covava un certo ottimismo. Ieri molto meno. Ma si sa, in questi casi la situazione è in continua evoluzione. 

Quel che è certo è che il Transatlantico è una pentola in ebollizione. Si disegnano strategie, si fanno ipotesi, circolano nomi. Il pallino è in mano alle varie delegazioni, ma tutti concorrono a cercare il bandolo della matassa. Di tanto in tanto i vari leader attraversano a passo svelto il Transatlaticco. Ecco Salvini, inseguito da un nugolo di giornalisti. Poi spunta Letta. Più tardi fa capolino la Meloni. E così via. Ma non ci siamo ancora. 

È un puzzle che si continua a montare e smontare. I più informati sono certamente i cronisti parlamentari, piazzati dappertutto. Il più temuto è sempre il “Minzo”, alias Augusto Minzolini, sempre pronto a cogliere battute che finiscono in presa diretta sul giornale. Ma in questi giorni ci sono tutti. Grandi firme e non. 

I mille grandi elettori, perlopiù ignoti, vivono con grande senso di responsabilità, consapevoli che ci stiamo giocando il futuro, ma assistono e sono parte anche di una grande rappresentazione. Una diretta no-stop, fatta di notiziari a getto continuo, con telecamere, microfoni, macchine fotografiche piazzati dappertutto. Per non parlare della selva di cellulari, una catena di montaggio di video e selfie. Un set con il quale ci si abitua a convivere in queste giornate di lavoro e di attesa, in cui i “mille ignoti” lavorano agli emendamenti del Milleproroghe, approfondiscono dossier e tengono un orecchio sempre teso al territorio, vale a dire al collegio elettorale. Ci sono però i tempi morti. E allora? Beh, la mattina c’è chi si tiene in forma con una corsetta a Villa Borghese, chi si fa prendere la mano con le svendite. Ma i “mille” in questi giorni, sono soprattutto costretti a fare lo slalom con la variante Omicrom. Un pensiero fisso. Pernottano nelle locazioni per turisti, tradite dai visitatori e quando non ci sono riunioni, cenano nelle trattorie romane: un modo per riprendere a ragionare di politica e cercare quella soluzione condivisa che tanto servirebbe al Paese.

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