Ringrazio la Nuova Venezia per l’articolo di Enrico Tantucci del 15/8 in cui aggiorna i lettori sul Centro Internazionale sui Cambiamenti Climatici. (L’articolo qui)
Colgo l’occasione per ricostruire la vicenda:
L’istituzione del Centro Internazionale sui Cambiamenti Climatici a Venezia era inizialmente compresa all’interno della proposta di legge di riforma della Legge Speciale per Venezia di ero stato primo firmatario, depositata alla Camera nel dicembre 2018 (art 6, pdl 1428/2018). E poi trasformato in un emendamento da me proposto, approvato con il sostegno convinto dell’allora sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta, nell’ambito della Legge di Bilancio del 2019 (l 27/12/2019 n 160 art 1, commi 119 e 120).
Da quel momento l’istituzione del centro è legge con uno stanziamento di 500 mila euro all’anno a decorrere dal 2020.
Come del resto per l’emendamento, sempre presentato dal sottoscritto sulla regolamentazione degli Affitti Brevi, diventato legge nel luglio del 2022, non ancora attuato. Due misure a favore della città, pensate nell’esclusivo interesse di Venezia, lasciate cadere dalla politica cittadina.
Il Centro nasceva dall’idea di istituire a Venezia, per tutto ciò che la città rappresenta ed evoca, in tema di cambiamenti climatici, un luogo di eccellenza dove studiare e sperimentare soluzioni per il futuro pensando soprattutto all’innalzamento dei mari.
Si tratta di un’iniziativa non più rinviabile, soprattutto alla luce delle previsioni dell’ultimo rapporto IPCC.
Non a caso il primo a chiedersi se, in virtù di tali previsioni, se Venezia esisterà ancora nel giro di qualche generazione, è il premio Nobel dell’Acqua, Andrea Rinaldo. Il quale sollecita da tempo la scienza internazionale a mobilitarsi su questo fronte in nome di Venezia.
L’intento era quello di dar vita a un Centro che, sotto il profilo scientifico recepisse il meglio della ricerca esistente, coordinando e catalizzando le conoscenze e le esperienze già disponibili nel ricco panorama della ricerca e creasse un’interfaccia fra il mondo della scienza e quello dei decisori (policy maker) e degli attuatori. Tutto ciò a beneficio della città, ma anche con lo scopo di trasmettere conoscenze ed esperienze, da Venezia a tutto il mondo.
Fin dall’inizio è stata coinvolta nell’iniziativa la comunità scientifica cittadina, tra le più qualificate in materia nel campo internazionale. Tant’è che la partecipazione al progetto di Ca’ Foscari, IUAV, CNR, VIU, Centro Maree, Thetis e Corila, è stata già compresa nella legge.
Ma l’istituzione del Centro, oltre ad un elevato valore scientifico, sarebbe stata la dimostrazione concreta di come Venezia sia la città adeguata ad attirare attività di studio e ricerca di alto profilo, magari ospitando anche un campus, alternative alla monocultura turistica.
Per questo sarebbe stato importante che il centro avesse una sua autonomia e una sua sede, che si era ipotizzato in prima battuta all’Arsenale, in modo sviluppare una vita indipendente.
Tutto procedeva, tant’è che il Centro è entrato a far parte anche della legge istitutiva dell’Autorità per la Laguna (art. 95 comma 1 punto d, legge 104 14/8/2020 cosiddetto decreto Agosto).
In base al decreto, convertito poi in legge, l’Autorità avrebbe avuto il braccio operativo nella società in house, che nascerà quando il Consorzio Venezia Nuova chiuderà finalmente i battenti e il braccio scientifico nel Centro Internazionale sui Cambiamenti climatici. Per questo si era pensato di trovare una sede all’Arsenale e l’ex Magistrato alle Acque aveva già dimostrato il suo interesse in tal senso.
Sotto il profilo giuridico si era, invece, pensato alla costituzione di una fondazione di partecipazione, aperta a soggetti privati. In tal senso era stata preparata anche una bozza di statuto.
Ma non se ne fece niente, anzitutto perché Palazzo Chigi sosteneva che fosse necessaria una norma primaria, ovvero una legge, per precisare meglio la natura del Centro. Norma che i vari governi, Conte 2 e Draghi, pur avendola promessa non fecero mai. In realtà questo punto fu molto discusso in quanto, illustri giuristi sostenevano che non ci fosse alcun bisogno di un’ulteriore norma.
Forse la verità è che la nascita di soggetto autonomo, indipendente da università e grandi centri di ricerca già affermati, non piaceva a tutti, in particolare a quelle realtà scientifiche, ben radicate nei ministeri. Il risultato è che non se ne fece più nulla.
Cosa fatta capo A. Ora qualcosa si muove, come scrive la Nuova Ca’ Foscari ha preso l’iniziativa con il Ministero dell’Università e della Ricerca, dove il Centro, dopo aver “vagato” per vari ministeri: Infrastrutture, Ambiente e naturalmente Mef, è stato incardinato. L’importante è riuscire a far nascere il Centro, senza però snaturarlo.
Sarà, se non ho inteso male, un’associazione inter-universitaria con la possibilità di includere aderenti pubblici e privati in una seconda fase, non ben specificata; la sede sarà a Ca’ Foscari. E il centro avrà in dotazione già 1,5 milioni potendo contare sugli “arretrati” del 2022, 2023 oltre che sul finanziamento 2024. Bene.
Va detto con chiarezza che non è quello che si era pensato all’inizio, e vedo il rischio che l’iniziativa si perda nei rivoli della miriade di attività ordinarie dell’università che sono tutte di grande prestigio, ma il Centro doveva nascere con una sua autonomia ben marcata. E così dovrebbe essere.
Ho troppa stima dei rettori di Ca’ Foscari e Iuav, e sono certo che faranno di tutto per assicurare la giusta indipendenza e il successo al Centro Internazionale sui Cambiamenti Climatici, nell’esclusivo interesse di Venezia.
Da parte mia, pur non essendo più parlamentare, continuerò a sostenerli, anche vigilando che le risorse pubbliche destinate all’iniziativa siano utilizzate esclusivamente per lo scopo per cui state assegnate.
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