30 giugno 2018  –  Le tragiche morti in mare sono la conferma del fallimento dell’accordo di Bruxelles. Ma è soprattutto il fallimento della folle politica di Salvini che cavalca paure e insicurezze abbandonando al loro destino in mezzo al mare migliaia di esseri umani. Così facendo pensa di dissuadere altre partenze, invece aumenta solo il rischio di provocare altre tragedie. Non è possibile restare indifferenti di fronte ai morti affogati. Ai neonati annegati. Impedire che vengano soccorsi esseri umani in pericolo di morte non è un’opzione, per una democrazia. Il boicottaggio messo in atto dal nostro governo verso le ONG che salvano vite è semplicemente inaccettabile.

L’Italia si sta avvitando in un politica sconsiderata, le cui conseguenze si fanno gravissime sul piano umanitario e non solo. Il Ministro degli Interni farebbe bene a fare tesoro delle parole del prefetto Morcone, ex capo del Viminale del governo Gentiloni e neo direttore del Consiglio italiano rifugiati:

“Percepisco che c’è una forte spinta finalizzata a spazzare via dal Canale di Sicilia e dal Mediterraneo Orientale tutte le Organizzazioni non governative che si sono occupate di salvataggi. Non voglio dare giudizi sulle scelte dell’attuale governo, ma bisogna riflettere bene sulle conseguenze (…) L’idea del Codice di condotta era quella di riportare nei binari delle regole e dei trattati internazionali le modalità di intervento delle Ong e non ha impedito di restare nel Mediterraneo per continuare a salvare vite. Ma ora, azzerando la loro presenza, oltre ai rischi per i migranti bisogna considerare le ricadute per l’inevitabile coinvolgimento, fra gli altri, delle navi mercantili nelle operazioni di soccorso, con conseguenze non secondarie anche di carattere economico per gli operatori, oltre alla maggiore pressione che ne deriverà a carico della Guardia costiera italiana (…) Credo che occorra inquadrare il tema su più fronti e intervenire contemporaneamente su di essi. Il contrasto al traffico di esseri umani si fa provando a governare i flussi e aprendo canali di accesso legale. Occorre pretendere che l’Alto commissariato Onu per i rifugiati e l’agenzia delle Nazioni Unite per i migranti possano agire in misura più significativa in Libia, specie per aiutare le persone più vulnerabili a lasciare i centri di detenzione e uscire dal Paese. Eravamo riusciti a organizzare i primi due voli diretti di profughi da Tripoli a Roma. Un fatto senza precedenti. Invece di fermarsi bisogna continuare e moltiplicare questi trasferimenti. Occorre poi aprire corridoi legali accordandosi con i Paesi di provenienza. Una scelta strategica, perché toglie ‘mercato’ ai trafficanti e facilita la cooperazione, mettendo in moto progetti legali in quei Paesi, puntando su investimenti, progetti seri e trasparenti. Non serve buttare soldi sul tavolo, ma individuare con i partner le iniziative di sviluppo vero.”

Mario Morcone, intervista su “Avvenire” di sabato 30 giugno 2018

 

 

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