Sbloccato il Protocollo fanghi: è arrivata anche la sospirata firma del ministero della Salute. La conferma del governo è giunta nel corso del Question time che ho promosso alla Camera, per chiedere lumi sullo stato di attuazione del Protocollo e del Piano Morfologico, entrambi attesi da troppo tempo. In particolare in più occasioni il governo aveva annunciato l’approvazione definitiva del Protocollo Fanghi che continua a slittare dall’inizio della legislatura. Erano andati a vuoto i governi Conte 1 e 2, ora la i ministeri dopo un indecoroso palleggiamento, hanno trovato un accordo con il contributo decisivo del Parlamento che nell’ultimo decreto Milleproroghe aveva inserito un emendamento utile a favorire l’intesa tra i ministeri interessati.

Il tortuoso percorso a tappe per concludersi definitivamente: la Regione dovrà recepire l’intesa – come stabilito da art 95 del Decreto Agosto 2020 – tra i ministeri e inviare lo schema di intesa al Consiglio di Stato, che dovrà fornire l’ultimo parere previsto dall’iter.

La conflittualità tra i ministeri (Mims, Mite, Salute) consumata sulla testa soprattutto del porto di Venezia, sembra essersi finalmente risolta. La strada ora è in discesa e consente di guardare al futuro con più ottimismo, ma la vicenda del protocollo fanghi ripropone ancora una volta la necessità di individuare procedure più rapide e semplificate, per i provvedimenti legati a Venezia e alla sua laguna, senza per questo eludere un esame attento e puntuale.

Finora il punto di riferimento per le operazioni di escavo dei canali portuali è il vecchio protocollo del 1992, nato come provvedimento provvisorio, ma come spesso accade nel nostro Paese, rimasto in vigore per decenni (30 anni). Concepito per i canali interni della città, in assenza di altri strumenti è stato subito esteso ai canali portuali, in attesa di un protocollo adeguato.

Non è un mistero che l’accessibilità nautica è il vero problema del Porto Venezia. La manutenzione in quota dei canali a -11,5 m non è sempre facile da garantire e, in assenza di certezze gli operatori portuali, faticano a redigere piani industriali con un orizzonte temporale adeguato, condizionando fortemente le attività dello scalo veneziano.

Il problema è lo smaltimento dei fanghi. Attualmente i fanghi vengono conferiti in particolare nell’isola delle Tresse, che nonostante una superficie di circa 20 ettari è ormai colma. Tant’è che il 31 dicembre prossimo scade l’ultima proroga concessa dall’ex Magistrato alle Acque. Per quella data dovrà perciò essere operativo il Protocollo fanghi, ma perché sia efficace è necessaria anche l’approvazione del Piano Morfologico della laguna, ovvero lo strumento che definisce le modalità per il riutilizzo dei fanghi. Quelli non compromessi potranno finalmente essere usati per la ricostituzione dell’habitat lagunare, mentre gli altri a seconda delle caratteristiche biologiche saranno conferiti nei siti attrezzati oppure in discarica.

Protocollo Fanghi e Piano Morfologico sono quindi due strumenti complementari, essenziali per l’ambiente lagunare e per l’accessibilità nautica del porto.

Per il Piano Morfologico però a quanto pare bisognerà attendere ancora, anche perché la commissione Tecnica di Verifica di impatto Ambientale VIA-VAS, ha evidenziato che il Protocollo Fanghi “costituisce un atto presupposto per la verifica dell’aggiornamento del piano stesso”. Tradotto finché non ci sarà il Protocollo Fanghi non potrà concludersi l’esame del Piano Morfologico. È il cane che si morde la coda. Lo sblocco del Protocollo Fanghi è però una buona notizia.

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